Il medico che cura nel nome del Signore
NOI Gennaio 2014
Incontro con Suor Gemma Mkondoo
Non deve esserci più gente al mondo che muore di “povertà!"
Intervista di Paola Scandellari
Lo scorso martedì 19 novembre ci siamo incontrati, alla rotonda di S.Biagio, con suor Gemma Mkondoo.
Ci ha invitati il gruppo Missionario dello nostra Comunità per farci conoscere di persona suor Gemma e per sentirle raccontare direttamente la sua esperienza umana, religiosa e professionale.
Suor Gemma è arrivata a Monza dalla Tanzania, qualche mese fa, per frequentare un corso di aggiornamento in Ecocardiografia presso l'Ospedale S.Gerardo.
È stato operata in Clinica Zucchi per ricostruire un ginocchio distrutto da una caduta accidentale avvenuta appena arrivata in Italia e poi è tornata a Dodoma per riprendere lo suo vita di servizio.
La sua esperienza umana, che, da donna molto umile qual è, accetta di raccontare con qualche difficoltà e ritrosia, è significativa.
Seconda figlia di dieci fratelli, in una famiglia dì contadini, fin da piccola è attratta dall'idea di diventare suora.
Negli anni successivi fa molte esperienze di crescita personale, dalla salita al Kilimangiaro, al servizio militare, agli studi secondari che la portano a diventare assistente medico.

Nel frattempo la vocazione si fa sentire sempre più decisa quindi entra nella Congregazione Tanzaniana delle Suore di Santa Gemma Galgani e, pronunciati i voti perpetui, diventa anche responsabile di un dispensario sperduto nella savana.
Lo sua seconda vocazione, quella di diventare medico, nasce da un episodio che lei stessa racconta con queste parole: "L'episodio, purtroppo tragico, che ha dato una spinta alla mia vocazione di medico è successo quando prestavo la mia opera di “medical assistent” in un dispensario.
Arrivò all'alba una donna trasportata dai parenti. Madre di sette figli, aveva partorito nelle sua capanna.
Purtroppo aveva avuto un'emorragia e quando misurai la pressione sanguigna era prossima allo zero.
Avrei saputo fare una trasfusione, ma non avevo l'attrezzatura necessaria.
Chiesi dunque a Paolo Siani (allora volontario nella nostra Diocesi di Dodoma e ora Direttore del Centro Mondialità e Sviluppo Reciproco, ong di Livorno), che si trovava li per caso, se potevamo tentare il trasporto all'ospedale più vicino col suo fuoristrada.
Naturalmente disse di sì e subito partimmo per un viaggio di tre ore su di una pista pieno di buche.
Arrivati a soli 10 minuti dall'ospedale la donna morì.
Penso che siate d'accordo con me che al giorno d'oggi non sia più accettabile che una madre di otto figli muoia perché non ha potuto usufruire di un minimo di assistenza.
"Non ci deve più essere gente al mondo che muore per la povertà e la totale assenza di mezzi"
Quindi, con l'aiuto di persone di buona volontà di Livorno, viene in Italia nel 1992, impara l'italiano e studiando all'Università dì Pisa si laurea in Medicina e Chirurgia.
Dopo alcuni anni di studio, un paio di corsi di specializzazione e dopo aver superato l'esame di stato per l'esercizio della professione medica, rientra in Tanzania, rifà il tirocinio e l'esame di stato professionale [la legge tanzaniana riconosce i nostri titoli di studio, ma non le nostre abilitazioni professionali).
Con l'aiuto del Centro Mondialità e della Conferenza Episcopale Italiana dà vita, con alcune sue consorelle, al S. Gemma Health Centre, dì cui essa stessa è direttrice, in un villaggio a 12 chilometri dalla capitale Dodoma.
Questo ospedale è stato inaugurato nel 2004 ed è fornito di ambulatori medici, sale per terapie e medicazione, stanze ricoveri con 71 posti letto, sale parto e reparto maternità.


Attualmente la struttura medica dà assistenza a più di 20.000 persone l’anno, in maggior parte poveri che non sono in grado di pagarsi le cure mediche e che si trovano soli ed abbandonati ad affrontare malattie come la malaria e l'Aids.
Una vera e propria ancora di salvezza per gli abitanti di un Paese dove la durata media dello vita è di circa 50 anni e dove il tasso di mortalità infantile è altissimo [ 72 morti entro il primo anno di vita su 1000 nati ].
Nel 2010 il "St. Gemma Health Centre" ha ottenuto dallo Stato il riconoscimento di struttura ospedaliera di primo livello assumendo così la denominazione di "St. Gemma Hospital" e portando la capienza a oltre 100 posti letto.
Abbiamo anche potuto vedere, all'inizio della serata, un breve filmato, composto con alcune foto scattate dal dottor Uderzo e montate del dottor Bonetti, che ci ha presentato la realtà dell'ospedale e della sua vita quotidiana.
Della sua esperienza religiosa ci parla a partire da una realtà umana e sociale diversa dalla nostra: "La Tanzania è una terra di missione, fin da piccoli siamo abituati a vedere suore e preti.
I cristiani sono il 35 per cento delle popolazione.
Nonostante questo non solo i cristiani, ma tutta la popolazione tanzaniana ha una grande stima dei preti, dei missionari e delle suore.

La gente ci vede impegnati nel servizio ai più poveri, senza fare distinzioni, quindi penso che riescano a capire la nostra vocazione anche se sono di fedi diverse.
Per questo ci sentiamo davvero missionarie, perché riusciamo ad annunciare il Vangelo attraverso la nostra testimonianza'.E ancora: "Da noi sono largamente presenti tutte le fedi cristiane, ma queste non sono in competizione tra loro, anzi sono sempre alla ricerca di tutte quelle espressioni, anche di fede, che evidenzino ciò che ci unisce anziché ciò che ci divide.
Un esempio per tutti: la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani che, come in tutto il mondo si celebra tra il 18 e il 25 gennaio di ogni anno, da noi è particolarmente sentita e partecipata.
Sotto la guide dei pastori delle tre fedi cristiane (ortodossa, cattolica e protestante), che si alternano nella guida alla preghiere, tutti aderiscono e pregano perché tutti ci riconosciamo fratelli in Gesù Cristo nostro unico Salvatore".
E continua:"Anche con i musulmani e con i fedeli di altre espressioni religiose esistono momenti di incontro per la preghiera comune.
Ad esempio in occasione di particolari situazioni di emergenza quali lunghi perìodi di siccità o come il recente appello alla preghiera comune da parte dì papa Francesco per scongiurare il pericolo dello guerra in Siria".
Ma la sua maggior preoccupazione è sempre dì tipo professionale, una professione vissuta come costante servizio, come continuo atto di carità per alleviare concretamente le difficoltà dei poveri, dei malati e dei sofferenti.
In particolare, poiché il problema sanitario più grave è la diffusione dell'Aids: è necessario sottoporre le donne portorienti ai test che permettano di somministrare loro i farmaci per mezzo dei quali i bimbi nascano senza essere portatori del virus.
In tal modo si potrà arrivare, in un futuro relativamente vicino, se non a debellarlo, almeno ad avere una popolazione infantile totalmente libera dall'Aids.
